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giovedì 30 aprile 2009

1° MAGGIO , FESTA DEL LAVORO

http://www.trippytext.com/ - Trippy Text


POESIE DEL LAVORO


Il lavoro -Samuele Smiles
Non vi è per l'uomo pane più saporito
di quello che egli si procura
con il proprio lavoro fisico e intellettuale.
Nè vi è bene che non possa
essere acquistato con lavoro,
nè soddisfazione che non possa
essere data dal lavoro.
Il più umile operaio
contribuisce al benessere sociale.
Lodiamo la saggezza di quell'imperatore
che diceva: Per ogni uomo che non lavora
e per ogni donna
che si lascia andare alla pigrizia,
c'è qualcuno nell'impero
che soffre la fame e il freddo.


L'omino della gru - Gianni Rodari
Filastrocca di sotto in su
per l'omino della gru.
Sotto terra va il minatore
dov'è buio a tutte l'ore;
lo spazzino va nel tombino,
sulla terra sta il contadino,
in cima ai pali l'elettricista
gode già una bella vista,
il muratore va sui tetti
e vede tutti piccoletti...
ma più in alto, lassù lassù,
c'è l'omino della gru:
cielo a sinistra e cielo a destra
e non gli gira mai la testa.


Anche quello dello scolaro è un lavoro -Giovanni Pascoli
Il capo ad ora ad ora egli solleva
dalla catasta dei vocabolari,
come un galletto garrulo che beva,
Povero bimbo! di tra i libri via
appare il bruno capo tuo, scompare;
come di un rondinotto, quando spiase
torna mamma e porta le zanzare.



Gli odori dei mestieri -Gianni Rodari
lo so gli odori dei mestieri:
di noce moscata sanno i droghieri,
sa d'olio la tuta dell'operaio,
di farina sa il fornaio,
sanno di terra i contadini,
di vernice gli imbianchini,
sul camice bianco del dottore
di medicine c'è un buon odore.
I fannulloni, strano però,
non sanno di nulla e puzzano un po'.



Filastrocca dei mestieri - M. e C. Lodi

C'è chi semina la terra,
c'è chi impara la guerra,
chi ripara le auto guaste
e chi sforna gnocchi e paste.
C'è chi vende l'acqua e il vino,
chi ripara il lavandino,
c'è chi pesca nel torrente
e magari prende niente.
C'è chi guida il treno diretto
e chi a casa rifà il letto,
chi nel circo fa capriole
e chi insegna nelle scuole.
Cosi varia è questa vita
che la storia è mai finita...



Gli attrezzi del contadino -A. Curman Pertile
lo son la zappa buona a dissodare
i terreni più duri e più sassosi;
l'erbacce e le radici so estirpare
e i luoghi incolti rendere ubertosi.
Ed io son il rastrel dai forti denti
che rompon e sminuzzano il terreno,
ricoprono le piccole sementi
se tu vuoi, radunano il buon fieno.
E siamo noi le forbici e i coltelli
per ben potare e far gl'innesti belli:
falci e falcetti siamo per segare
l'erba fiorita o il gran da macinare.
Sono l'aratro pio, grande e possente,
che col vomere smuovo il suoI profondo,
che apro il diritto solco alla semente
del granoturco e del frumento biondo.



Ore 8 -Roberto Piumini
Alle ore 8 di ieri
me ne andavo per i sentieri,
Alle ore 8 di oggi.
torno allegro lungo i poggi
Alle 8 di domani
me ne andrò in prati lontani.
Alle 8 di ogni giorno
me ne vado un pò qui attorno



Le mani dell'operaio -Renzo Pezzani
Dice il Signore a chi batte
alle porte del suo Regno:
Fammi vedere le mani;
saprò io se ne sei degno.
L'operaio fa vedere
le sue mani dure di calli:
han toccato tutta la vita
terra, fuochi, metalli.
Sono vuote d'ogni ricchezza,
nere, stanche, pesanti.
Dice il Signore: Che bellezza!
Così son le mani dei Santi!





Mani callose -G. Gerini
O mani callose

nodose tenaci, avvinghiate

al maglio, al piccone, all'aratro

in cupe caverne tra lampade fioche,

o per maggesi che brucia il solleone,

il rude lavoro è un dono di Dio.


La cucitrice - Giovanni Pascoli
L'alba per la valle nera
sparpagliò le greggi bianche:
tornano ora nella sera
e s'arrampicano stanche;
una stella le conduce.
Torna via dalla maestra
la covata e passa lenta;
c'è del biondo alla finestra
tra un basilico e una menta
è Maria che cuce e cuce.
Per chi cuci e per che cosa?
un lenzuolo? un bianco velo?
Tutto il cielo è color rosa,rosa e oro,
e tutto il cielo
sulla testa le riluce.
Alza gli occhi dal lavoro:
una lacrima? un sorriso?
Sotto il cielo rosa e oro,
chini gli occhi, chino il viso,
ella cuce, cuce, cuce.


Il bambino operaio -Renzo Pezzani
Già lavori, così piccino
tiri il mantice, batti il martello?
Ma sei felice come un uccello,
metti canto nel tuo destino.
In famiglia, santa pazienza,
è sempre vuota la credenza.
Già la tua mano il sudore asciuga,
piccolo uomo dal volto severo.
Ma tiri il mantice, batti il martello,
più contento di un uccello.




Il lavoro - Giuseppe Porto
I piccoli animali
fanno tutti un mestiere:
fanno il fabbro e l'artiere,
son sarti e manovali.
Il ragno tessitore
rifabbrica la tela
che somiglia a una vela
su un mare di splendore.
La rana che si liscia
all'orlo del fossa
tosta in guardia dall'agguato
che le tende la biscia.
Lo scarabeo al cantiere
rotola una pallina:
così come cammina
somiglia a un carrettiere.
E, se senti uno scricchio,
è un passo nel fogliame;
se senti un falegname
che batte e pialla, è il picchio.
C'è tutto un gran fervore
c'è tutto un gran da fare:
perché chi vuol mangiare
bisogna che lavori.


Chi lavorò per la casetta? - T. Belforti

Vien per primo il muratore:
calce e pietre egli ha portato.
Con che cosa ha lavorato?
Viene avanti un falegname:
travi e porte, anche scalini
e finestre ha preparato.
Con che cosa ha lavorato?
Viene il fabbro: chiavistelli,
serrature e alfin cancelli
mise a posto e preparò.
Con che cosa lavorò?
Non scordiamo l'imbianchino
e nemmen l'elettricista
e l'idraulico e il giardiniere:
tutti han fatto il lor dovere.
Ed infine dal mattino
la mammina cara e buona
rende linda ognor e gaia
la casetta, che risuona
di tua vita. o mio piccino.

Il più bel giorno- Gianni Rodari
S'io facessi il fornaio
vorrei cuocere un pane
cosi grande da sfamare
tutta, tutta la gente
che non ha da mangiare.
Un pane più grande del sole,
dorato, profumatocome le viole.
Un pane cosi
verrebbero a mangiarlo
dall'India e dal Chilì
i poveri, i bambini,
i vecchietti e gli uccellini.
Sarà una data da studiare a memoria:
un giorno senza fame!
Il più bel giorno di tutta la storia!

La vocazione del perdigiorno -A. Novi
Vediamo un po':che mestiere farò?
Il meccanico no,perché ci si insudicia tutti
e così neri e bruttie
con la faccia scura
si fa brutta figura.
Vediamo un po':che mestiere farò?
Il falegname no,perché quando seghi di Iena
ti fa male la schiena,
e quando pialli
ti vengono i calli.
Vediamo un po':che mestiere farò?
Il contadino no,perché nella terra che è soda
la vanga s'inchioda,
e per bene zappare
bisogna faticare.
Vediamo un po':che mestiere farò?
lo proprio non so,il sarto
lo scarto,
il cuoco può scottarsi col fuoco,
il muratore può sciogliersi in sudore,
il calzolaio poi non mi va giù
per quel puzzo di cuoio e di caucciù,
e piuttosto di fare il parrucchiere
faccio un altro mestiere.
Ecco proprio non so
che mestiere farò.
Che non ci sia davvero
un mestiere leggero
In cui si possa stare
In pace a riposare?


I colori dei mestieri -Gianni Rodari
lo so i colori dei mestieri:
sono bianchi i panettieri,
s'alzano prima degli uccelli
e han la farina nei capelli;
sono neri gli spazzacamini,
di sette colori, son gli imbianchini;
gli operai dell'officina
hanno una bella tuta azzurrina,
hanno le mani sporche di grasso:
i fannulloni vanno a spasso,
non si sporcano nemmeno un dito,
ma il loro mestiere non è pulito.


Nell'officina -Mario Lodi
La taglierina... ciac!
spacca la lastra d'ottone.
Tac tac... la pressa
stampa un cappellino.
Zzzzzzz. ., il trapano
fa un buchino.
Bum! l'uomo picchia sull'incudine
il suo martellone.
Ssssss... la fiamma ha saldato
due pezzi insieme.Grrrrr... l'operaio ha lucidato
una pompa finita
che comincia adesso la sua vita.
A poco a poco il magazzino è pieno
e i pacchi li portano sul treno.

sabato 18 aprile 2009

LA GIORNATA DELLA TERRA.

UN MESSAGGIO IMPORTANTE.

FACCIAMO UN REGALO ALLA TERRA, SALVIAMOLA.

Le più famose Canzoni per la mamma



Canzoni


MAMMA
Mamma, son tanto felice
perchè ritorno da te.
La mia canzone ti dice,
è il più bel giorno (sogno) per me.
Mamma, son tanto felice,
viver lontano perchè,
mamma, solo per te la mia canzone vola.
Mamma, sarai con me tu non sarai più sola.
Quanto ti voglio bene,
queste parole d'amore,
che ti sospira il mio cuore,
forse non s'usano più.
Mamma, la mia (ma la) canzone più bella sei tu,
sei tu la vita
e per la vita non ti lascio mai più.
Sento la mano tua stanca
cerca i miei riccioli d'or.
Sento (sempre) la voce ti manca,
la ninna nanna dal cor.
Oggi la testa tua bianca
io voglio stringer al cuor.
Mamma, solo per te la mia canzone vola.
Mamma,sarai con me tu non sarai più sola.
Quanto ti voglio bene,
queste parole d'amore,
che ti sospira il mio cuore,
Forse non s'usano più.
Mamma, la mia canzone più bella sei tu,
sei tu la vita
E per la vita non ti lascio mai più.
Quanto ti voglio bene,
queste parole d'amore
che ti sospira il mio cuore
forse non s'usano più.
Mamma, la mia canzone più bella sei tu,
sei tu la vita
e per la vita non ti lascio mai più.
Mamma, mai più.


SON TUTTE BELLE LE MAMME DEL MONDO
Donne, donne, donne
che l'amore trasformerà!
Mamme, mamme, mamme
questo è il dono
che Dio vi fa!
Tra batuffoli e fasce,
mille sogni nel cuor:
per un bimbo che nasce
quante gioie e dolor !
Son tutte belle le mamme del mondo
quando un bambino si stringono al cuor !
Son le bellezze d'un bene profondo,
fatto di sogni, speranze ed amor.
E' tanto bello quel volto di donna
che veglia un bimbo e riposo non ha !
Sembra l'immagine di una madonna,
sembra l'immagine della beltà.
E gli anni passano, i bimbi crescono,
le mamme imbiancano, ma non sfiorirà
la loro beltà, la loro beltà.
E' tanto bello quel volto ...
Mamme, mamme, mamme,
quante pene l'amore vi dà:
ieri, oggi, sempre per voi mamme
non c'è pietà.
Ogni vostro bambino
quando uomo sarà
verso il proprio destino
senza voi se ne andrà...
Son tutte belle le mamme del mondo,
ma soprattutto più bella, tu sei,
tu che m'hai dato il bene profondo
e sei la mamma dei bimbi miei.



VIVA LA MAMMA
C'e' folla tutte le sere
nel cinema di Bagnoli
un sogno che e' in bianco e nero
tra poco sarà a colori
l'estate che passa in fretta
l'estate che torna ancora
i giochi messi da parte
per una chitarra nuova...
Viva la mamma
affezionata a quella gonna un po' lunga
così elegantemente anni 50
sempre così sincera.
Viva la mamma
viva le donne con i piedi per terra
le sorridenti miss del dopoguerra
pettinate come lei.
Angeli ballano il rock - ora -
tu non sei un sogno tu sei vera
viva la mamma perché
se ti parlo di lei
non sei gelosa.
Viva la mamma
affezionata a quella gonna un po' lunga
indaffarata sempre e sempre convinta
a volte un po' severa
viva la mamma
viva la favola degli anni 50
così lontana eppure cosi' moderna
e così magica.
angeli ballano il rock - ora -
non e' un juke box, e' un'orchestra vera
viva la mamma perché
se ti parlo di lei
non sei gelosa.
Bang bang, la sveglia che suona
bang bang, devi andare a scuola
bang bang, soltanto un momento
e' bello sognare ancora!
Viva la mamma
viva le regole e le buone maniere
quelle che non ho mai saputo imparare
forse per colpa del rock
forse per colpa del rock



MAMMA TUTTO
Chi asciugava i pianti miei?
Mamma buona era lei...
Chi in cucina cucinava?
Mamma cuoca canticchiava...
Io la sera nel lettino,
Mamma a nanna lì vicino...
La mia mano nella sua
Mamma amica mia...!
Due più uno fanno tre,
Mamma scuola accanto a me...
Mal di pancia, o starnutivo:
Mamma medicina avevo...
Quando c'era il compleanno:
Mamma festa ogni anno
e Mamma regalo, poi,
non mancava mai!
Poi la grande delusione
della prima passioncella
E arrivò Mamma sorella
Lei mi strinse sul suo cuore,
io dimenticai il dolore
con Mamma consolazione...
Non sapevo ancora che quella mamma era per me
Tutto quel che al mondo c'è
e in un attimo imparai:
Mamma Tutto è lei!

POESIE E FILASTROCCHE PER LA MAMMA



Serenata alla mamma
Oh mamma, ti vo' far la serenata
e ti dirò che tu sei la mia fata...
E ti dirò che un angelo tu sei,
donato dal Signore ai giorni miei.
Con i fiori più cari una corona
voglio intrecciarti, mammina mia buona,
al sole vo' rubare i raggi belli,
per farne un serto per i tuoi capelli.
Ti donerò ogni giorno tanto amore
e specialmente se ti piange il cuore.
Il Cielo pregherò perchè tu viva
tanti e tanti anni, sempre più giuliva:
giuliva di vedere i figli tuoi
sempre più buoni... come tu li vuoi.


Le mie mani per la mamma
Con le mie mani seppur piccoline,
tantissime cose io posso fare.
Le posso battere,le posso guardare
delle carezze io posso dare.
E oggi, mamma, che è la tua festa,
le mie manine ti voglio donare.
E ora mi metto le mani sul cuore
Per dimostrarti il mio grande amore.
E con le mani ti mando un bacino
Stringimi forte e stammi vicino.


O mama mia istimada
O mama mia istimada
ite ses tue pro me:
un anghelu una fada
ses sempre indaffarada
non pensas mai pro te!
In tottu s'universu
quadratu o tundu
si mi mancas tue
est sa fine de su mundu.


LA MADRE
E il cuore quando d'un ultimo battito
Avrà fatto cadere il muro d'ombra
Per condurmi,
Madre, sino al Signore,
Come una volta mi darai la mano.

In ginocchio, decisa,
Sarai una statua davanti all'Eterno,
Come già ti vedeva
Quando eri ancora in vita.

Alzerai tremante le vecchie braccia,
Come quando spirasti
Dicendo: Mio Dio, eccomi.

E solo quando m'avrà perdonato,
Ti verrà desiderio di guardarmi.

Ricorderai d'avermi atteso tanto,
e avrai negli occhi un rapido sospiro.
Giuseppe Ungaretti



“… Don… don e mi dicono Dormi!
Mi cantano Dormi! Sussurrano
Dormi! Bisbigliano Dormi!
Là, voci di tenebra azzurra…
Mi sembrano canti di culla,
che fanno ch’io torni com’era…
sentivo mia madre… poi nulla
sul far della sera”
Giovanni Pascoli



“… Come non è che sera,
madre, d 'un solo dì ?
Me la miravo accanto
esile sì, ma bella:
pallida sì, ma tanto
giovane! una sorella!
bionda così com'era
quando da noi partì.”
Giovanni Pascoli





Nella casa c'è una fiamma
Nella casa c'è una fiamma,
cara bimbi, è la mamma,
sempre pronta con amore
per i figli del suo cuore.

Un sorriso, una carezza
e poi tanta tenerezza
da dipingere con ardore
con la mano del pittore.

Il lavoro non le manca,
mai si ferma, mai è stanca,
come la chioccia ai pulcini
dona tutto ai suoi bambini.

Solo lei ci può capire,
e nessuno le può mentire.
Tanto bene le vogliamo
ed al mondo lo gridiamo:

Viva la mamma!


PER LA MAMMA
Queste mie mani che sanno accarezzare
e alla tua festa sanno cogliere anche un fiore,
hanno un difetto:

quello di lasciare le loro impronte
su tutto ciò che vanno a toccare.
Rallegrati però che sto crescendo
e i segni sui muri e sulle sedie,
saranno presto un ricordo solamente.
Perciò oggi ti regalo le mie impronte,
perchè tu possa ricordarti un giorno lontano
come erano piccoline le mie mani
al tempo in cui cercavano le tue.





Mamma lavora
O mammina perché mai
al lavoro sempre stai?
Lavi cuci in fretta in fretta,
fai più bella la casetta.
Tu sei sempre in movimento,
non riposi un sol momento.
Chi ti chiama, chi ti vuole
se tu manchi manca il sole.
Per pagare il tuo lavoro
ci vuol proprio un gran tesoro.


Ti voglio bene
Le puoi contare le stelle di notte?
Le puoi contare le gocce del mare?
Tutte le cose che si son rotte,
tutta la gente che posso incontrare?
Li puoi contare i respiri, gli uccelli?
o quanti sono nel mondo i capelli?
La tua risposta
non entra in un foglio...
Perchè non sai
quanto bene ti voglio!



Mamma
Mamma, oggi nel cuore ho tanto sole,
e mi sembra d'amarti più che mai!
Mammina io non so dir belle parole,
ma tu mi leggi dentro e capirai.

Mamma oggi c'è il sole nel mio cuore,
e lo vedo risplendere sul tuo viso,
per te non ho che un dono: tanto amore
e mi basta in compenso il tuo sorriso.







E' la festa della mamma
E' la festa della mamma
che mi cantava la ninna nanna,
mi hai insegnato a parlare,
a mangiare a camminare,
ogni volta che guardo le stelle
tu mi sembri una di quelle.

Ti voglio bene con tutto il cuore
tu pensi a me tutte le ore,
se sei arrabiata come un vulcano
io ti sorrido e ci diamo la mano.
Tu mi indichi la via
perche' sei la mamma mia.



Le mamme
Le fate esistono ancora,
ma non vivono in un luogo d'incanto
ci sono molto vicine, son le mamme,
le mamme soltanto.
Non hanno capelli di sole
non son vestite di luna
eppure ognuna risplende
d'amore e di bontà:
ha una bacchetta magica
che tanti miracoli fa.


Mamma
Dolce narciso, forte sorriso,
candide mani
con cui mi sfiori il viso.
Rosa sbocciata bella e incantata,
son la tua bimba
e devo esser guidata.
Sono piccina,
non so dove andare,
e non ho una lucina
per poter camminare.
Sono isolata nel buio della notte,
ed io ho paura,
il cuore mi batte.
Tu sei la mia luce,
forte e luminosa,
illumini il mondo
e sei generosa.
Sei una persona che mi ama.
Sei la mia mamma,
la mia mamma cara cara!


Che cos'è la Mamma?
Che cos'è la Mamma?
Chi lo può mai dire?
La Mamma per il bimbo è come il cielo:
un gran giardino azzurro dove
fiorire vedi le stelle dal lucente stelo.
La Mamma è il fuoco che gli dà calore,
è sollievo nel male e nel dolore...
Per il bimbo la Mamma è il paradiso,
pieno di grazia, cosparso d'ogni bene;
esso è il braccio di Dio che lo sostiene,
e che porta verso la salute!!
Sei tutto questo Mamma per me,
ed oggi il mio cuore canta:
"Auguri; Auguri anche a te!"

venerdì 17 aprile 2009

POESIE DELLA RESISTENZA ITALIANA




PER UN PARTIGIANO CADUTO -Giovanni Capuzzo

Era nel buio l’ombra
a darti un volto,
o indistinta paura del domani?
Ma all’alba si partì,
cuore d’acciaio e muscoli di bronzo
sui campi seminati incontro a loro.
Battito breve di un’ala sul fossato:
una canzone ricoprì lo strappo
della tua carne, o mio fratello,
un canto lungo come il tuo cammino
per i sentieri chiari del futuro.

A darci luce il tuo sorriso valse,
quando la fronte sollevasti al sole,
per dirgli la tua pena e il tuo tormento.

Poi ricadesti: i fiori
sugli esili gambi pensierosi
bastarono a donarti una corona.

..............................................................................................................................................................


Qesta composizione , delle nove poesie che compongono il libro di Salvatore Quasimodo pubblicato nel 1949 "la vita non è un sogno.", esprime il valore etico della aspirazione alla pace, a vivere in un mondo senza armi e senza guerre, anche se il poeta è consapevole dell'impossibilità di una tale eventualità.
ANNO DOMINI MCMXLVII. -S. QUASIMODO
Avete finito di battere i tamburi
A cadenza di morte su tutti gli orizzonti
Dietro le bare strette alle bandiere,
di rendere piaghe e lacrime a pietà
nelle città distrutte, rovina su rovina.
E più nessuno grida: «Mio DioPerché
mi hai lasciato?». E non scorre più latte
Né sangue dal petto forato. E ora
Che avete nascosto i cannoni fra le magnolie,
lasciateci un giorno senz’armi sopra l’erba
al rumore dell’acqua in movimento,
delle foglie di canna fresche tra i capelli
mentre abbracciamo la donna che ci ama.
Che non suoni di colpo avanti notte
L’ora del coprifuoco. Un giorno, un solo
Giorno per noi, padroni della terra,
prima che rulli ancora l’aria e il ferro
e una scheggia ci bruci in piena fronte.


Soldati -G. UNGARETTI
Si sta
come d'autunno
sugli alberi
le foglie.


NOI CHE CADEMMO -Giuseppe Bartoli
Fummo una zolla qualunque
al taglio del vecchio aratro
che il nuovo trattore ferisce
inpianto, sudore e lavoro
Ora ascoltiamo i sospiri
di neri e snelli cipressi
dipinti da soffi di sole
in chicchi di riso azzurrino
che l’acre piovasco flagella
Viviamo in bellezze di morte
fra pioppi inclinati sul rio
E siamo la gialla pannocchia
che nutre la fame del povero
che accende la fede nell’uomo
Siamo promessa di pace
che tesse tovaglie d’altare
e bianchi lini di sposa
per alta promessa di vita
...........................................
noi che cademmo a vent’anni
nel sogno sublime dei liberi.


Lo avrai camerata Kesselring- Piero Calamandrei
Processato nel 1947 per crimini di Guerra (Fosse Ardeatine, Marzabotto e altre orrende stragi di innocenti), Albert Kesselring, comandante in capo delle forze armate di occupazione tedesche in Italia, dopo il suo rientro a casa Kesselring ebbe l’impudenza di dichiarare pubblicamente che gli italiani avrebbero fatto bene a erigergli… un monumento.
A tale affermazione rispose Piero Calamandrei, con una famosa epigrafe (recante la data del 4.12.1952, ottavo anniversario del sacrificio di Duccio Galimberti), dettata per una lapide “ad ignominia”, collocata nell’atrio del Palazzo Comunale di Cuneo in segno di imperitura protesta per l’avvenuta scarcerazione del criminale nazista.
L’epigrafe afferma:

Lo avrai camerata Kesselring
il monumento che pretendi da noi italiani
ma con che pietra si costruirà
a deciderlo tocca a noi.
Non coi sassi affumicati
dei borghi inermi straziati dal tuo sterminio
non colla terra dei cimiteri
dove i nostri compagni giovinetti
riposano in serenità
non colla neve inviolata delle montagne
che per due inverni ti sfidarono
non colla primavera di queste valli
che ti videro fuggire.
Ma soltanto col silenzio del torturati
più duro d’ogni macigno
soltanto con la roccia di questo patto
giurato fra uomini liberi
che volontari si adunarono
per dignità e non per odio
decisi a riscattare
la vergogna e il terrore del mondo.
Su queste strade se vorrai tornare
ai nostri posti ci ritroverai
morti e vivi collo stesso impegno
popolo serrato intorno al monumento
che si chiama
ora e sempre
RESISTENZA



LA MADRE -Piero Calamandrei
Quando la sera tornavano dai campi
Sette figli ed otto col padre
Il suo sorriso attendeva sull’uscio
per annunciare che il desco era pronto.
Ma quando in un unico sparo
caddero in sette dinanzi a quel muro
la madre disse
non vi rimprovero o figli
d’avermi dato tanto dolore
l’avete fatto per un’idea
perché mai più nel mondo altre madri
debban soffrire la stessa mia pena.
Ma che ci faccio qui sulla soglia
se più la sera non tornerete.
Il padre è forte e rincuora i nipoti
Dopo un raccolto ne viene un altro
ma io sono soltanto una mamma
o figli cari
vengo con voi.








PARTIGIA - PRIMO LEVI


Dove siete, partigia di tutte le valli,
Tarzan, Riccio, Sparviero, Saetta, Ulisse?
Molti dormono in tombe decorose,
quelli che restano hanno i capelli bianchi
e raccontano ai figli dei figli come,
al tempo remoto delle certezze,
hanno rotto l'assedio dei tedeschi
là dove adesso sale la seggiovia.
Alcuni comprano e vendono terreni,
altri rosicchiano la pensione dell'Inps
o si raggrinzano negli enti locali.
In piedi, vecchi: per noi non c'e' congedo.
Ritroviamoci. Ritorniamo in montagna,
lenti, ansanti, con le ginocchia legate,
con molti inverni nel filo della schiena.
Il pendio del sentiero ci sarà duro,
ci sarà duro il giaciglio, duro il pane.
Ci guarderemo senza riconoscerci,
diffidenti l'uno dell'altro, queruli, ombrosi.
Come allora, staremo di sentinella
perché nell'alba non ci sorprenda il nemico.
Quale nemico? Ognuno e' nemico di ognuno,
spaccato ognuno dalla sua propria frontiera,
la mano destra nemica della sinistra.
In piedi, vecchi, nemici di voi stessi:
La nostra guerra non e' mai finita.


Cesare Pavese, da La terra e la morte 9 novembre 1945
« Tu non sai le colline
dove si è sparso il sangue.
Tutti quanti fuggimmo
tutti quanti gettammo
l’arma e il nome. »

ALLE FRONDE DEI SALICI.- S. QUASIMODO
E come potevamo noi cantare
con il piede straniero sopra il cuore,
fra i morti abbandonati nelle piazze
sull’erba dura di ghiaccio, al lamento
d’agnello dei fanciulli, all’urlo nero
della madre che andava incontro al figlio
crocifisso sul palo del telegrafo ?
Alle fronde dei salici, per voto,
anche le nostre cetre erano appese,
oscillavano lievi al triste vento.




G. Ungaretti -Per i morti della resistenza
Qui vivono per sempre
gli occhi che furono chiusi alla luce
perché tuttili avessero aperti
per sempre alla luce.



Pietro Tajetti "Mario"
Dove vai, rasentando i muri della città
sembri assorto in pensieri lontani,
forse stai ricordando la tua gioventù,
i tuoi vent'anni,
anche allora rasentavi i muri imbracciando un fucile,
qualcuno vestito di nero voleva impedirti di realizzare i tuoi sogni.
Qualcuno voleva impedirti
che altri uomini, altre donne, altri bambini
vivessero in un mondo diverso
fatto di lavoro, di benessere, di felicità
non so se oggi si possa dire
che tutto si sia realizzato..
ma i sogni restano
e quelli nessuno potrà toglierteli
vecchio partigiano.


FESTA D'APRILE
I fascisti han capito,
se non son proprio tonti,
che siamo arrivati
alla resa dei conti!

Scendiamo giu' dai monti
a colpi di fucile!
Evviva i Partigiani!
E' festa d'Aprile!
(Canto Partigiano, inizi aprile 1945)


I MORTI ASPETTANO .- Giuseppe Bartoli
Udimmo il tonfo delle rane
negli alti silenzi dei meriggi
e il respiro lieve dei cavalli
nelle estese vele delle notti
gonfie di lucciole e di fremiti
Sulle nostre tavole di fieno
abbiamo mangiato
lacrime e canti
fra grappoli di rondini
in giostra nel cielo
Udimmo la scure abbattersi
sui letti deserti dei boschi
mentre carri di ricordi
si trascinavano lenti
Poi arrivò l’alba
d’una rossa primavera
con brezze di mandorli avvolte
nell’immemore pianto della terra
Tornammo dalle nostre madri
dopo una lunga notte insonne
intonando canti senza dolore
Le culle delle foglie
che ci furono compagne
raccolsero il vagito
della rinata libertà
e sui crateri di sangue
- scavati -
dalla nostra lotta
mani nude di orfani
sfidarono il cielo
Dal buio delle fosse
vergini di croci
gli occhi spalancati
dei partigiani caduti
si chiuderanno solo
se la loro speranza
diventerà la nostra.


NINNA NANNA .- Don Giuseppe Morosini
Sopra la cuna del bimbo adorato
Una giovine madre canta beata
Al suo pargolo biondo la Ninna Nanna
C’è un castello di fate in riva al mare
C’è un castello di Re sopra la terra
C’è una bionda regina fra le ancelle
C’è una dolce Madonna fra le stelle
Il Castello del Re è la tua cuna
E la bionda Regina è la tua mamma
Che con le fate ti ripete in coro
La più amorosa e dolce Ninna Nanna
Ninna Nanna, Ninna Nanna
Dormi tesor, dormi amor
Sopra il tuo capo c’è la Madonna
Sopra il tuo cuor c’è il mio cuor.

lunedì 6 aprile 2009

Poesie di GIOVANNI PASCOLI


Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

« Il poeta è poeta, non oratore o predicatore, non filosofo, non istorico, non maestro, non tribuno o demagogo, non uomo di stato o di corte. E nemmeno è, sia con pace del maestro Giosuè Carducci, un artiere che foggi spada e scudi e vomeri; e nemmeno, con pace di tanti altri, un artista che nielli e ceselli l'oro che altri gli porga. A costituire il poeta vale infinitamente più il suo sentimento e la sua visione, che il modo col quale agli altri trasmette l'uno e l'altra [...] »
(G. Pascoli - da Il fanciullino)

IL PASSERO SOLITARIO
Tu nella torre avita,passero solitario, tenti la tua tastiera,

come nel santuario monaca prigioniera l'organo, a fior di dita;
che pallida, fugace,stupì tre note, chiuse nell'organo, tre sole,in un istante effuse,tre come tre parole ch'ella ha sepolte, in pace.
Da un ermo santuario che sa di morto incenso nelle grandi arche vuote,di tra un silenzio immenso mandi le tue tre note,spirito solitario.


CANZONE DI MARZO

Che torbida notte di marzo!

Ma che mattinata tranquilla!

che cielo pulito! che sfarzo

di perle! Ogni stelo, una stilla

che ride:sorriso che brilla

su lunghe parole.

Le serpi si sono destate

col tuono che rimbombò primo.
Guizzavano, udendo l'estate,
le verdi cicigne tra il timo;
battevan la coda sul limo
le biscie acquaiole.
Ancor le fanciulle si sonodestate,
ma per un momento:pensarono serpi,
a quel tuono;sognarono l'incantamento.
In sogno gettavano al ventole loro pezzuole.
Nell'aride bresche anco l'api
si sono destate agli schiocchi.
La vite gemeva dai capi,
fremevano i gelsi nei nocchi.
Ai lampi sbattevano gli occhi
le prime viole.Han fatto,
venendo dal mare,le rondini tristo viaggio.
Ma ora, vedendo tremare
sopr'ogni acquitrino il suo raggio,
cinguettano in loro linguaggio,
ch'è ciò che ci vuole.
Sì, ciò che ci vuole. Le loro
casine, qualcuna si sfalda,qualcuna è già rotta.
Lavoroci vuole, ed argilla più salda;
perchè ci stia comoda e caldala garrula prole.

La cavalla storna
Nella Torre il silenzio era già alto.
Sussurravano i pioppi del Rio Salto.
I cavalli normanni alle lor poste
frangean la biada con rumor di croste.
Là in fondo la cavalla era, selvaggia,
nata tra i pini su la salsa spiaggia;
che nelle froge avea del mar gli spruzzi
ancora, e gli urli negli orecchi aguzzi.
Con su la greppia un gomito, da essa
era mia madre; e le dicea sommessa:
« O cavallina, cavallina storna,
che portavi colui che non ritorna;
tu capivi il suo cenno ed il suo detto!
Egli ha lasciato un figlio giovinetto;
il primo d'otto tra miei figli e figlie;
e la sua mano non tocco' mai briglie.
Tu che ti senti ai fianchi l'uragano,
tu dai retta alla sua piccola mano.
Tu c'hai nel cuore la marina brulla,
tu dai retta alla sua voce fanciulla».
La cavalla volgea la scarna testa
verso mia madre, che dicea più mesta:
« O cavallina, cavallina storna,
che portavi colui che non ritorna;
lo so, lo so, che tu l'amavi forte!
Con lui c'eri tu sola e la sua morte
O nata in selve tra l'ondate e il vento,
tu tenesti nel cuore il tuo spavento;
sentendo lasso nella bocca il morso,
nel cuor veloce tu premesti il corso:
adagio seguitasti la tua via,
perché facesse in pace l'agonia . . . »
La scarna lunga testa era daccanto
al dolce viso di mia madre in pianto.
«O cavallina, cavallina storna,
che portavi colui che non ritorna;
oh! due parole egli dove' pur dire!
E tu capisci, ma non sai ridire.
Tu con le briglie sciolte tra le zampe,
con dentro gli occhi il fuoco delle vampe,
con negli orecchi l'eco degli scoppi,
seguitasti la via tra gli alti pioppi:
lo riportavi tra il morir del sole,
perché udissimo noi le sue parole».
Stava attenta la lunga testa fiera.
Mia madre l'abbraccio' su la criniera.
« O cavallina, cavallina storna,
portavi a casa sua chi non ritorna!
a me, chi non ritornerà più mai!
Tu fosti buona . . . Ma parlar non sai!
Tu non sai, poverina; altri non osa.
Oh! ma tu devi dirmi una una cosa!
Tu l'hai veduto l'uomo che l'uccise:
esso t'è qui nelle pupille fise.
Chi fu? Chi è? Ti voglio dire un nome.
E tu fa cenno. Dio t'insegni, come».
Ora, i cavalli non frangean la biada:
dormian sognando il bianco della strada.
La paglia non battean con l'unghie vuote:
dormian sognando il rullo delle ruote.
Mia madre alzò nel gran silenzio un dito:
disse un nome . . . Sonò alto un nitrito.

VALENTINO
Oh! Valentino vestito di nuovo,
come le brocche dei biancospini!
Solo, ai piedini provati dal rovo
porti la pelle de' tuoi piedini;
porti le scarpe che mamma ti fece,
che non mutasti mai da quel dì,
che non costarono un picciolo:
in vece costa il vestito che ti cucì.
Costa; ché mamma già tutto ci spese
quel tintinnante salvadanaio:
ora esso è vuoto; e cantò più d'un mese
per riempirlo, tutto il pollaio.
Pensa, a gennaio, che il fuoco del ciocco
non ti bastava, tremavi, ahimè!,
e le galline cantavano, Un cocco!
ecco ecco un cocco un cocco per te!
Poi, le galline chiocciarono,
e venne marzo, e tu, magro contadinello,
restasti a mezzo,
così con le penne,
ma nudi i piedi, come un uccello:
come l'uccello venuto dal mare,
che tra il ciliegio salta,
e non sa ch'oltre il beccare,
il cantare, l'amare, ci sia qualch'altra felicità.
ARANO
Al campo, dove roggio nel filare
qualche pampano brilla,
e dalle fratte sembra la nebbia mattina
l fumare, arano: a lente grida,
uno le lente vacche spinge;
altri semina; un ribatte
le porche con sua marra paziente;
ché il passero saputo in cor già gode,
e il tutto spia dai rami irti del moro;
e il pettirosso: nelle siepi s'ode
il suo sottil tintinnio come d'oro.
PATRIA
Sogno d'un dì d'estate.
Quanto scampanellare tremulo di cicale!
Stridule pel filare moveva il maestrale
le foglie accartocciate.
Scendea tra gli olmi il sole in fascie polverose;
erano in ciel due sole nuvole, tenui, róse:
due bianche spennellate in tutto il ciel turchino.
Siepi di melograno, fratte di tamerice,
il palpito lontano d'una trebbiatrice,
l'angelus argentino... dov'ero?
Le campane mi dissero dov'ero,
piangendo, mentre un cane
latrava al forestiero,
che andava a capo chino.
IL CANE
Noi mentre il mondo va per la sua strada,
noi ci rodiamo, e in cuor doppio è l'affanno,
e perché vada, e perché lento vada.
Tal, quando passa il grave carro
avanti del casolare,
che il rozzon normanno stampa
il suolo con zoccoli sonanti,
sbuca il can dalla fratta,
come il vento; lo precorre,
rincorre; uggiola, abbaia.
Il carro è dilungato lento lento.
Il cane torna sternutando all'aia.
IL VECCHIO DEI CAMPI
Al soie, al fuoco, sue novelle ha pronte
il bianco vecchio dalla faccia austera,
che si ricorda, solo ormai, del ponte,
quando non c'era.
Racconta al sole (i buoi fumidi stanno,
fissando immoti la sua lenta fola)
come far sacca si dové, quell'anno,delle lenzuola.
Racconta al fuoco (sfrigola bel bello
un ciocco d'olmo in tanto che ragiona),
come a far erba uscisse con RondelloBuovo d'Antona.
ULTIMO SOGNO
Da un immoto fragor di carrïaggi
ferrei, moventi verso l'infinitotra schiocchi
acuti e fremiti selvaggi...
un silenzio improvviso. Ero guarito.
Era spirato il nembo del mio male
in un alito. Un muovere di ciglia;
e vidi la mia madre al capezzale:
io la guardava senza meraviglia.
Libero!... inerte sì, forse, quand'io
le mani al petto sciogliere volessi:
ma non volevo. Udivasi un fruscio
sottile, assiduo, quasi di cipressi;
quasi d'un fiume che cercasse il mare
inesistente, in un immenso piano:
io ne seguiva il vano sussurrare,
sempre lo stesso, sempre più lontano.
NOTTE
Siedon fanciulle ad arcolai ronzanti,
e la lucerna i biondi capi indora:
i biondi capi, i neri occhi stellanti,
volgono alla finestra ad ora ad ora:
attendon esse a cavalieri erranti
che varcano la tenebra sonora?
Parlan d'amor, di cortesie, d'incanti:
così parlando aspettano l'aurora.
MARE
M'affaccio alla finestra, e vedo il mare:
vanno le stelle, tremolano l'onde.
Vedo stelle passare, onde passare:
un guizzo chiama, un palpito risponde.
Ecco sospira l'acqua, alita il vento:
sul mare è apparso un bel ponte d'argento.
Ponte gettato sui laghi sereni,
per chi dunque sei fatto e dove meni?
PIOGGIA
Cantava al buio d'aia in aia il gallo.
E gracidò nel bosco la cornacchia:
il sole si mostrava a finestrelle.
Il sol dorò la nebbia della macchia,
poi si nascose; e piovve a catinelle.
Poi tra il cantare delle raganelle
guizzò sui campi un raggio lungo e giallo.
Stupìano i rondinotti dell'estate
di quel sottile scendere di spille:
era un brusìo con languide sorsate
e chiazze larghe e picchi a mille a mille;
poi singhiozzi, e gocciar rado di stille:
di stille d'oro in coppe di cristallo.

mercoledì 1 aprile 2009

POESIE D' APRILE

Aprile sui monti


In alto c'è ancora neve,
ma sotto i verdi pascoli
si sono fatti più verdi,
più intensamente colorati.
Le mandrie escono dagli stalli
e vanno lentamente da un prato
all'altro, da un pendio all'altro;
il suono dei campani
porta una acuta malinconia
nel cuore di chi ascolta,
come di voce che si perde
lontano nel silenzio dei boschi.
Appaiono siepi in fiore,
una festa multicolore
fatta di innumerevoli fiori
che sembrano gocce di cielo,
immagini di paradiso.



Cosi è aprile - Mimì Menicucci
Ogni albero è una nuvola verdognola di foglie
che incupiscono ad ogni bacio del sole,
a ogni scossa di vento.
E nel vento che odore!
Odore di peschi e di ciliegi e di meli e d'albicocchi
e d'ogni grazia di Dio.
Un frullo da una siepe: c'è un nido;
e la mamma covava.
Eccola li che si lamenta,
ci dice che ci leviamo subito di torno, che le facciamo
paura e le uova si diacciano.
Guardate il grano come cresce:
par che non veda l'ora di buttar fuori la spiga.
E le viti non piangono più: sventolano i pampini teneri
e tra i pampini è il piccolissimo grappolo.



Nuvoletta gentile - M. Gianfaldoni Miserendino
Vanno le pecorelle
nelle strade del cielo,
coprono sole e stelle
con un leggero velo;
camminan, dolci e quete,
notte, mattina e sera,e se,
sciolgonsi in pianti,
adornan di brillanti
madonna Primavera.
La nuvola più bianca,
pur non essendo stanca,
noti; vuol più camminare,
perchè da un fior che ha sete
s'è sentita invocare.
La chiaman le sorelle,
ma la nube gentile,
in cielo non c'è più:
è discesa quaggiù
dal fiore dell'aprile.


Aprile

Aprile è un mese gentile,
odoroso dì fiori,
tiepido di sole,
Le siepi sono tutte in é
veste bianca;
fra l'erba odorano le viole,
il cielo è dolcemente azzurro.
La campagna è ormai tutta verde.
Le rose sono in boccio
e sono pieni di fiori
anche gli alberi da frutto:
meli, peri, susini e ciliegi.


Aprile pittore - Renzo Pezzani

Così aprile in un giorno
m'ha dipinto il giardino:
di bianco calce tutto il muro intorno,
e tutto il cielo del più bel turchino.
Di verde non ha fatto economia.
Or tutto è verde in questa terricciuola
che sembra l'orto della Poesia.
Che chiasso di colori in ogni aiuola,
e quanti fiori, quanta fantasiadi blu,
di rossi, di celesti e viola!
C'è un fior per tutti in questo mio giardino!


L' APE- Elena Barbera Lombardo
Vola l'ape ronzando sul fiore
che spande intorno un soavissimo odore:
-che cosa vuoi,bell'ape industriosa?
-goccia di miele,mia candida rosa!
La rosa allora apre il suo cuore
e l'ape sugge il dolcissimo umore.
poi :"Grazie !" dice,e vola e rivola;
va dal garofano,va dalla viola,
corre dal giglio,dal ciclamino....
povera ape ,quanto cammino!
Ma quando torna a casa la sera
depone lieta il miele e la cera.
Non v'è , bambini,più grande tesoro
d'un produttivo e lieto lavoro.


La leprotta sotto il faggio

Mentre all’ombra di un bel faggio,
era aprile o forse maggio,
se ne stava lì in panciolle
addentando un frutto molle,
una giovane leprotta
marroncina e morbidotta,
respirava aria pulita,
si sentiva favorita.
Lei leggeva un bel libretto
di disegni pieno zeppo
e pensava ai fatti suoi:
“Che bellezze abbiamo noi!
Frutti dolci e profumati
fiori belli e colorati
ombra fresca e riposante
sole caldo e rallegrante!”
Ma una rogna era in agguato!
Le sbucò proprio di lato
un’ochetta fastidiosa
che cianciava senza posa.
Beh, si vede che è destino,
quando stai in grazia di Dio,
che un’ochetta o che so io
ti rovini il riposino!...


Veder morire le farfalle

Veder morire le farfalle
m'addolora il cuore,
soprattutto se è aprile,
soprattutto se svolazzano
e colorano d'arcobaleno
il cielo di primavera,
soprattutto se ho vissuto
la giornata allegramente.
Veder morire le farfalle
m'intristisce il cuore.


Primavera

Tiepida,bianca come una pratolina,
fresca come la fitta pioggerellina di aprile,
verde come l'erba che cresce senza sosta,
calda come il sole di maggio,
rossa come i papaveri di giugno,
bizzosa e incostante come marzo,
sonnacchiosa come aprile,
aperta e luminosa come maggio.
Eccoti qua,Primavera!



Nel biancospino

Nell’armonioso biancospino
rifiorente,sta tutta la bellezza
dei primi raggi solari.
Nello spinoso biancospino
d’aprile,sta ogni purezza
della ridestata
e ridente natura.
Nel tremulo, pungente
biancospino,si quieta
ogni umano
e fraterno dolore.
Nel dolce, umilebiancospino,
si rispecchia
0gni bontà
ed ogni virtù.
Nel vivo, candido
biancospino,sorride,piamente,
l’occhicerulea fanciulla
della nascente stagione
di suoni e colori nuovi.


Rinasce aprile

Rinasce aprile
ed i nostri cuori
s’aprono alla bellezza
della natura.
Aprile rinasce
ed ogni intelletto
non più pensa
ai dolori.
Rinasce aprile
ed ogni anima
conquida la gioiadi vivere.
Rinasce aprile:
il mese della serenità,
il mese della dolcezza
primaverile e Pasqualina.
Aprile rifiorisce
in un giardino
incantato e circondato
d’olezzanti violette ridenti.
Rinasce aprile,
il simbolo che Cristo
rivive dentro di noi,
con la Sua Croce,
condividendola con la nostra;
il segnacolo del perdono
e dell’amore più limpido
per l’intera umanità


Aprile _Rosalba
Senti il tepore s'annuncia
è il fiore che timido sboccia.
Senti un canto armonioso
è il passero dolce e gioioso.
Delle foglie odi il fruscio
uno spiro di vento e un brusio.
Ti avvolge con calda premura
è lei, la curiosa natura.



Aprile

Dice il proverbio sul mese di aprile:
"Io ti faccio dolcemente dormire"!
"Con il profumo dell’erba fresca dei giardini"
"Con il cinguettìo mattutino degli uccellini".
Di verde smeraldo son dipinte le colline;
i prati sfoggiano bianche margheritine;
Là fra i cespugli del giardino,
ciuffi di timide violette fan capolino.
Niente sta fermo, tutto si muove,
c’è una rinascita e c’è buon’umore,
e come il buon vino novello,
tutto è frizzante e ci appare più bello!


Ecco i mesi!

Vien Gennaio: neve, neve!
Vien Febbraio: breve, breve!
Marzo è un gran pazzarellone
e Aprile un gran burlone.
Maggio è il mese di Maria,
Giugno all'estate apre la via.
Luglio: tutti i bimbi vanno al mare
Agosto: oh, che giocare!
Vien Settembre, il tempo vola,
E Ottobre: tutti a scuola!
Vien Novembre: brr che gelo,
tetro e triste è sempre il cielo!
Vien Dicembre: bello, bello
perchè nasce il Bambinello!




Pesce d'aprile



Il pesce d’aprile-Cristina Pia Sessa Sgueglia
Questa mattina appena svegliata
In un lampo mi son ricordata:
Del primo di aprile
E a qualche burla primaverile.
Un pesce d’aprile
Non troppo gentile
A danno di qualche passante
Con celere elegante.
Una fragorosa risata
E la festa è passata.


Il mese di Aprile

Ad Aprile, "E' dolce dormire":

così usan dire tutti:bimbi ed adulti;

ma attenzione al 1° del mese

che può riservarvi anche brutte sorprese!

Pesce d'aprile - M. A. Scavuzzo
Un topo furbo e anche un po' matto

questo scherzaccio fece a un gatto.

Prese una lenza, un amo e un pesce

e penzolare dal tetto lo fece.

Il gatto disse: « Miao! Che boccone!»

e come un lampo balzò sul balcone.

Addenta il pesce. Oh, mondo birbone!

il pesciolino è sol... di cartone!

« Ah, se t'acchiappo, topo birbante,

ti mangio intiero e in un istante! ».

Gli grida il topo tutto gentile:

« Non te la prendere: è il primo aprile! ».